Elena Caterina Doria

Nata a Milano il 10 Febbraio 1965. Dopo il liceo artistico si è diplomata alla NABA (Nuova Accademia di Belle Arti), seguendo contemporaneamente i corsi di pittura, incisione, anatomia artistica e quelli di graphic design e comunicazione visiva. Nel 1990 si è trasferita tra le colline del Monferrato, a Cella Monte, tra le ispiranti colline del patrimonio UNESCO, dove ancora oggi lavora come designer e visual artist.

Dopo tanti anni di creazioni digitali ha cominciato a maturare la necessità di tornare ad esprimersi attraverso un approccio più manuale, più fisico. Così è ritornata alla pastosità dei colori, all’incognita del disegno manuale, i pennini, le chine, le penne, i pennelli e la carta ruvida, il legno, il pirografo, l’incisione, la foglia d’oro.

I punti cardine della sua espressione artistica si ispirano chiaramente a tematiche naturali, ma ne cambiano le regole in mondo inaspettato; esaltata dalla commistione di elementi, la natura della quale racconta è la natura della meraviglia, della trasformazione, della contaminazione, della vita che cambia forma e si evolve.

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I miei pastelli a cera

Rappresentano il mio primo ricordo: il mio primo strumento di disegno, quello con il quale ho compiuto il primo di una serie di gesti anarchici, folli, indipendenti, solitari.


Il merletto

Ho recentemente ereditato una scatola di merletti da mia zia Dede. Con lei ogni minuto era speciale, soprattutto quando ci lasciava travestire usando i suoi gioielli e i suoi merletti. Mi facevo chiamare Elisabetta, come la regina. Ancora oggi, quando la riapro, metto in testa uno di questi merletti ed è subito “sua altezza”.


La forchetta rotta

I miei problemi con il cibo iniziano in questo periodo. Mai risolti.


Il sasso di Agnese

Ho insegnato a mia figlia a vedere la bellezza anche nelle cose semplici. 

Un giorno mi ha regalato un sasso, aveva solo due anni, e lo ha scelto con estrema serietà e cura tra svariati ciottoli in riva al mare. 

L’ho affidato ad una designer del gioiello e artista, Maddalena Rocco, mia insegnante di disegno al liceo a cui devo tantissimo, e ne ha fatto questo piccolo capolavoro.


Le moschine

La “me” artistica è abbastanza giovane, si è espressa in modo consapevole con la serie delle “Moschine” piccoli insetti antropomorfi che posano su fondi dorati, senza tempo e spazio. Sono affetta dall’amore per ciò che viene considerato brutto, il perturbante, e che invece, se osservato con attenzione, ci rivela il meraviglioso. “Sempre e dovunque anche il brutto ha i suoi aspetti affascinanti; è eccitante scoprirli là dove nessuno prima li ha notati.” Henri de Toulouse-Lautrec.


Gli artefatti

Se c’è qualcosa che amo sono quegli “accrocchi" artistici che si trovano nelle wunderkammer, sirene, corna di narvalo, coralli e teschi. Ogni stanza della mia casa è una camera delle meraviglie. Ovunque ti giri ci sono oggetti come questo. Alcuni fanno ridere, altri fanno riflettere, altri creano dissenso, nessuno lascia indifferente.


Gli alveari

Quanta incredibile sapienza per costruire questo piccolo capolavoro di ingegneria.  Design e funzione, delicatezza e forza. Una nursery geometrica piena di speranze volatili.


Il teschio di una gazza

Il mio lato un po’ macabro. Esiste, è inutile negarlo. Ma non ha a che fare con la morte, bensì con la vita.


Semi

Pronti ad esplodere e a diventare altro. La bellezza piccolissima.


Il sasso fossile

Mi è stato regalato da mio padre, avevo dieci anni ed eravamo in Puglia, sul Gargano 

Ricordo esattamente quando me lo diede e come mi spiegò cosa erano quei piccoli buchi che decoravano come un pizzo quel sasso. La mia prima “meraviglia”.

L’Argonauta argo

La meraviglia è un miracolo fragile. Ero con il mio primo amore sulla spiaggia, e trovai un Argonauta Argo. Avevo sedici anni e mi sembrò preziosissimo e romantico. Non avevo mai visto una cosa simile. Quello originale è andato rotto perché mia mamma non lo prese sul serio e lo schiacciò tra le dita pensando fosse fatto di plastica. Ruppi anche con il primo amore. Anni dopo trovai questo splendido esemplare in un mercatino, mi trovavo con l’ultimo mio amore, quello definitivo.

La radice

Raccolta in montagna, luogo dove ho passato i momenti migliori della mia infanzia e dell’adolescenza. Rappresenta le aspettative quando ancora non sai ancora di averle e non te ne preoccupi.

Forbice taglia passato

Ho comprato questa forbice in un negozio improbabile, mi è stata venduta come forbice per tagliare con il passato scomodo e doloroso.

L’ho usata almeno un paio di volte, ma non sempre ha funzionato.

Gli alberi

Un piccolo rametto, i suoi licheni, la sua curvatura. Più sotto c’era un nido, più in alto cantava un tordo. In questo ramo c’è la memoria dell’albero a cui è appartenuto. C’è il mistero gioioso e vitale che lega la terra al cielo.

Se rinasco voglio essere una quercia.

Muschio e altri piccoli gioielli

Sono scesa in giardino e da una pietra a bordo aiuola ho raccolto questo campione, esattamente così come lo vedete. Ho sempre amato il muschio, sembra pensato da un abilissimo pittore fiammingo. Ditemi se non è magia questo piccolo pezzo di velluto verde decorato da pizzo e bottoni di smeraldo!

I nidi

“Mano nido, mano uovo, mano becco, prendo il volo!” Con mia figlia abbiamo inventato questa piccola filastrocca accompagnata da una danza di mani. Piccolo luogo in cui crescere la libertà racchiusa in un uovo, luogo in cui crescere, luogo da lasciare.

Il legno dall’India

Tutto ciò che arriva da lontano. È racchiuso in un legno che una mia cara amica mi ha portato a casa dall’India tutto il mio amore per le terre lontane. Mi toccherà tornare su questa terra per vederle, per incontrare la gente che non ho ancora incontrato.

La mia penna

Con lei non mi sento mai sola.

Il cavallino

Il vantaggio di essere brutti. Non galoppava per davvero e aveva gli occhi vuoti, per me uno dei giocattoli più brutti del mondo, su di lui ha presto vinto una banalissima Barbie con cui ho giocato tantissimo. La Barbie non è sopravvissuta, il cavallino con gli occhi vuoti sì.

Il corallo

Amo questi due piccoli pezzi, sono con me dall’adolescenza, gelosamente conservati. Il corallo rappresenta la mia meraviglia delle meraviglie, per la sua simbologia, per la sua bellezza, per la sua leggenda.

Pelle di biscia

Per raccontare l’età adulta niente mi rappresenta meglio con questa “muta” di biscia.

Sono cresciuta e ho dovuto abbandonare tante volte la pelle che mi portavo addosso, perché per crescere bisogna cambiare e sapersi lasciare qualcosa alle spalle senza troppi rimpianti.

Il frutto del fiore di loto

Il fiore di loto ha un significato meraviglioso, esso nasce dal fango e si trasforma in purezza. Il suo fiore ha molti occhi. Non a caso l’ho usato come unico fiore per il mio matrimonio con Max.

Gli insetti

Animali bistrattati, così belli nelle loro corazze cangianti.

La piastrella

Le cose che si trovano per caso. Se si cammina e si guarda solo davanti al proprio naso non si vede mai nulla di davvero interessante. Se guardi per terra, invece, trovi piccoli doni preziosi su cui si piò costruire un intero romanzo.

Il burattino

Il mio lato comico. Un burattino trovato al mercatino dell’antiquariato a rappresentare la mia parte comica (e un po’ nostalgica), il mio bisogno di palcoscenico. Forse dipendo un po’ troppo da quegli applausi.

Il cuore ricamato

Ho realizzato questo cuore non sapendo cucire. Spesso ho affrontato le cose non sapendo se sarei riuscita a farle. Mi piace quell’ebrezza che si prova a non sapere fare qualcosa e provarci lo stesso.

I miei taccuini 

Ne ho a decine. Tanti fogli. Alcuni sono strappati, con le orecchie, pasticciati, altri sono disegnati. Alcuni li ho donati. Da altri non mi separerò mai. Più di ogni altra cosa rappresentano me.